
Museo d'Arte Orientale E. Chiossone
Data: da 06/12/2024 a 03/05/2025
Il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova propone un ciclo di incontri nell’ambito della mostra Il Giappone antico - L’alba del Sol Levante.
Sabato 14 dicembre 2024, ore 16:00
Claudia Zancan
Potere e identità nelle tombe decorate del Kyūshū: come i simboli raccontano la cultura Kofun
Cosa possono raccontare i simboli di un popolo e della loro identità? La cultura funeraria Kofun è ricca di oggetti simbolici e di prestigio che rappresentano alcuni aspetti cruciali del sistema socio-politico dell’epoca. In un periodo in cui la scrittura non era ancora diffusa, i simboli hanno assunto un ruolo fondamentale nella trasmissione d’informazioni e nella costruzione dell'identità. Infatti, gli oggetti simbolici e di prestigio presenti nel corredo funebre del periodo Kofun raccontano il potere, il lignaggio e l’identità del defunto. Erano strumenti per affermare lo status sociale e la propria posizione all'interno di una società in piena trasformazione. Il periodo Kofun fu testimone dell'ascesa del clan Yamato, che impose la propria egemonia sul resto dei clan dell’arcipelago. I simboli, in questo contesto, divennero strumenti per indicare specifiche affiliazioni identitarie e per riconoscere chi apparteneva all’élite. Tuttavia, in alcune aree dell’arcipelago ha persistito un potere periferico locale che ha cercato in tutti i modi di mantenere l’autonomia dal potere centrale. In una di queste aree, l’isola del Kyūshū, nell'ultima fase del periodo Kofun i simboli assunsero una nuova forma: decorazioni all’interno di tombe chiamate sōshoku kofun, ovvero “tombe decorate”. Queste immagini dipinte, scolpite o incise, rappresentano un unicum della cultura dell’epoca. Ma cosa raccontano? A chi erano rivolte? Perché gli stessi oggetti simbolici del corredo funebre si ritrovano ora come decorazioni? In questo intervento si entrerà all’interno del mondo dell’archeologia cognitiva per poter leggere e decifrare correttamente alcuni simboli tipici della cultura funeraria Kofun. Analizzeremo specifiche iconografie delle tombe decorate del Kyūshū, cercando di decifrarne il significato, e di comprendere meglio la società e la cultura sottesa. Saranno, inoltre, fornite maggiori informazioni su quelle iconografie che richiamano gli oggetti simbolici esposti nella collezione del Museo Chiossone.
Claudia Zancan: dottoranda in Arte e Archeologia del Giappone presso il Dipartimento di Studi sull’Asia e Africa Mediterranea, Università Ca’ Foscari di Venezia. Specializzata in archeologia e in lingua e cultura giapponese, la sua ricerca si focalizza sullo studio delle strategie visive delle tombe decorate del Kyūshū attraverso lo studio e l’analisi iconografica e iconologica dei pattern riprodotti. Inoltre, esplora il ruolo giocato dalle tombe decorate nei cambiamenti socioculturali dell’epoca per comprendere meglio la società sottesa. È inoltre membro IRIAE (International Research Institute for Archaeology and Ethnology) per il quale ha la direzione scientifica della spedizione “Sōshoku Kofun Tale” patrocinata dal MAECI.
Sabato 21 dicembre 2024, ore 16:00
Claudia Bertolé
Il Giappone antico nell’immaginario cinematografico
Le epoche più antiche della storia giapponese sono state spunto per diversi registi, che hanno celebrato nelle immagini dei loro film le gesta mitiche di eroine ed eroi del passato.Nella trasposizione cinematografica il mito e la storia si fondono con il fascino di personaggi che hanno i volti delle star in voga nel momento di realizzazione delle pellicole, basti pensare che in Nippon tanjō (The Three Treasures - La nascita del Giappone) di Inagaki Hiroshi del 1959 il principe Yamato Takeru è impersonato da Mifune Toshirō e nella parte della dea Amaterasu – la dea del sole – vi è un’altra famosa attrice degli anni Cinquanta, Hara Setsuko. Spesso sono personaggi dai tratti compositi: la regina Himiko nel film omonimo di Shinoda Masahiro del 1974 è sì riflesso del mondo antico, ma è anche una figura femminile che propone il modello della classica femme fatale di tutti i tempi. Nel corso dell’incontro ripercorreremo le vicende raccontate in alcuni film – con qualche incursione anche nel cinema d’animazione – ne analizzeremo sequenze, soffermandoci su alcune protagoniste e protagonisti in particolare, per riflettere sulla fascinazione che l’antico ha esercitato, e continua ad esercitare, sul mondo del cinema.
Claudia Bertolé: si occupa da anni di cinema asiatico e giapponese. Collabora con il Dipartimento di Lingue e Letterature Straniere e Culture Moderne dell’Università di Torino. Ha inoltre collaborato per diverso tempo con la rivista Cineforum e con l’Asian Film Festival; dal 2010 scrive per il blog di cinema giapponese Sonatine. Nel 2023 ha fatto parte della giuria del Nippon Connection Film Festival di Francoforte. Tra le sue pubblicazioni si segnalano Il signore del caos - Sono Sion (a cura di D. Tomasi e F. Picollo, CaratteriMobili, 2012), Japan Pop - Parole, immagini e suoni dal Giappone contemporaneo (a cura di G. Coci, Aracne, 2013), La vergine eterna - Breve storia di Hara Setsuko, musa di Ozu (Bietti, 2020) e Il cinema di Koreeda Hirokazu - Memoria, assenza, famiglie (Cue Press, 2022).
Venerdì 10 gennaio 2025, ore 16:00
Daniele Petrella
Il progetto “Jōmon Sea” e le indagini archeologiche di IRIAE sull’isola di Tsushima: nuove scoperte sugli albori del periodo Jōmon e del Neolitico giapponese
Il Neolitico giapponese, il cosiddetto periodo Jōmon, rappresenta un vasto terreno in cui sviluppare nuove ed entusiasmanti ricerche in campo archeologico. Questo perché sono ancora molti gli interrogativi a cui occorre dare risposta per chiarire meglio le dinamiche evolutive delle culture che lo hanno caratterizzato. Il progetto “Jōmon Sea: Navigation in the Origins of Japan” si propone di studiare e comprendere l'utilizzo del mare e dei corsi d’acqua durante il Neolitico giapponese, sia in termini di spostamenti all'interno dell'arcipelago che di contatti con i territori circostanti. Per questo motivo, IRIAE (International Research Institute for Archaeology and Ethnology) porta avanti un progetto di indagine archeologica marittima, terrestre e subacquea, proprio in relazione a queste problematiche, individuando nell’isola di Tsushima (Prefettura di Nagasaki) un punto cruciale in cui cercare risposte che possano contribuire a chiarire queste dinamiche. Le attività si concentrano sul sito di Ongasaki dove abbiamo identificato un importante punto di lavorazione dell’ossidiana che sta rispondendo a diversi quesiti sulle origini della cultura Jōmon, tema che non può prescindere dai contatti umani e culturali e dal rapporto con l'ambiente circostante, che si traduce in un binomio inscindibile: il rapporto con le popolazioni coreane e quello con il mare. Qual era il ruolo del mare nella vita del popolo Jōmon? Come si sono adattati ai cambiamenti ambientali con l’avvento dell'Olocene? Quale è stato il ruolo dell’ossidiana in questo scenario?
Daniele Petrella: fondatore e presidente dello IRIAE, si laurea in Archeologia Estremo Orientale (Giappone) e completa il Ph.D. in Archeologia presso l’Università di Napoli “L’Orientale”. Primo e, per ora unico, occidentale ad avere ottenuto autorizzazioni di scavo in Giappone, ad oggi ha lì sviluppato e diretto otto progetti archeologici. Nel 2014 viene insignito del prestigioso Premio Rotondi “Salvatori dell’Arte” nel Mondo.
Sabato 1 febbraio 2025, ore 16:00
Eliano Diana
L’archeologia incontra la scienza: il progetto Be-Archaeo
L’indagine archeologica ricorre sovente alle competenze di scienziati per analizzare i materiali rinvenuti negli scavi, allo scopo di comprendere le tecniche di lavorazione dei manufatti, la loro provenienza e l’epoca in cui sono stati realizzati. Solitamente questo lavoro viene eseguito sui reperti già classificati o su micro-frammenti prelevati dai medesimi, e successivamente studiati nei laboratori scientifici, e le informazioni ottenute vengono poi scambiate con gli archeologi con un approccio interdisciplinare. Nel 2018, grazie al finanziamento della Commissione Europea nell'ambito dell'azione MSCA-RISE di Horizon 2020, un gruppo di ricercatori e di archeologi provenienti da Italia, Giappone, Portogallo, Grecia e Belgio, riuniti nel progetto Be-Archaeo, ha sperimentato una metodologia innovativa. Lo scavo di una tomba a tumulo datata fra il VI e VII secolo, il Tobiotsuka kofun, ubicata presso Okayama, in Giappone, è stato effettuato con la partecipazione, sul campo, di un team di scienziati che ha seguito le varie fasi dello scavo, intervenendo di volta in volta per conservare e trattare i reperti disseppelliti nella maniera ottimale per evitare di perdere informazioni preziose, legate in particolare al terreno di rinvenimento. Questo approccio ha permesso anche una migliore contestualizzazione delle indagini scientifiche eseguite. L’affrontare simultaneamente il medesimo problema archeologico da parte di diverse discipline è alla base dell’approccio transdisciplinare, che permette uno sviluppo della ricerca molto più dettagliato e un arricchimento delle competenze di ciascuno. Nella conferenza verranno illustrati lo scavo del Tobiotsuka kofun e i principali risultati ottenuti dalle indagini scientifiche, grazie all'approccio transdisciplinare adottato.
Eliano Diana: è professore di Chimica Generale e Inorganica presso l’Università di Torino. Si occupa della sintesi e caratterizzazione di composti e materiali inorganici, impiegando in particolare le tecniche spettroscopiche vibrazionali. Alla ricerca chimica pura affianca da anni lo studio e la caratterizzazione di materiali archeologici, in particolare dell’Estremo Oriente.
Sabato 1 marzo 2025, ore 16:00
Maria Carlotta Avanzi
Dalla Cina al Giappone: animali, personaggi e mappe celesti nei dipinti tombali del Kansai
Storici e archeologi hanno ampiamente dimostrato come Cina e Corea abbiano influenzato lo sviluppo e la formazione culturale del Giappone antico.
Qual è dunque l’influsso che entrambe hanno avuto sull’arte funeraria e in particolare sui dipinti parietali dei kofun (tombe a tumulo) giapponesi? Quali sono stati i fattori e le circostanze che hanno determinato l’importazione dal continente dei modelli cinesi e coreani? Quali sono gli elementi artistici che si sono mantenuti e quali sono stati sostituiti? Nella trasmissione dei modelli dal continente, si sono rivelati di notevole importanza ambasciate ufficiali, rapporti commerciali e migrazioni in conseguenza dei quali arrivano in Giappone non solo manufatti di alta qualità, ma anche artisti: artigiani esperti nella lavorazione dei metalli, scultori e pittori con un loro bagaglio di conoscenze e modelli all’avanguardia a cui attenersi. Ed è proprio in seguito alla loro importazione che nei kofun giapponesi del VII secolo appaiono i primi dipinti parietali in cui figurano, ad esempio, i quattro animali divini simbolo dei quattro punti cardinali (il drago, l’uccello vermiglio, la tigre e la tartaruga-serpente) e i dodici animali che rappresentano lo scorrere del tempo e le direzioni (conosciuti in occidente come gli animali dello zodiaco cinese). Questo intervento prenderà in considerazione le relazioni tra Cina, Corea e Giappone per osservare come alcuni elementi iconografici presenti nelle tombe cinesi e coreane siano entrati a far parte del patrimonio artistico giapponese. Particolare attenzione verrà dedicata alle rappresentazioni di animali, astri celesti e personaggi presenti sulle pareti del Kitora e del Takamatsuzuka kofun, due dei tumuli più importanti nella zona del Kansai ad Asuka-mura, centro del potere imperiale tra metà VI e fine VII secolo.
Maria Carlotta Avanzi: dottoranda in Storia dell’Arte Giapponese presso il Dipartimento di Estetica e Storia dell’Arte, Università di Kyōto (Giappone) e professore assistente presso l’Università Prefetturale di Akita. Il suo campo di ricerca verte principalmente sull’arte buddhista giapponese tra VI e VIII secolo e gli scambi culturali tra Giappone e le vicine Cina e Corea, al fine di portare alla luce le circostanze storiche che hanno determinato lo sviluppo artistico del Giappone antico.
Sabato 5 aprile 2025, ore 16:00
Massimo Soumaré
Uno sguardo ai primi testi che parlano del Giappone: la Cronaca dei Wei e le altre antiche opere storiche cinesi
Le più antiche opere storiche giapponesi che ci sono pervenute sono il Kojiki (Cronache di antichi eventi) risalente al 712 d.C. e il Nihon shoki (Annali del Giappone) del 720 d.C. Quindi non abbiamo fonti scritte precedenti l’VIII secolo che ci raccontino del paese? La risposta è che, sì, esistono, ma vanno cercate al di fuori del Sol Levante, e più precisamente in quei testi storici cinesi che cominciano a parlare del Giappone dagli inizi dell’era volgare, per poi descriverlo sempre più nel dettaglio a partire dal Wei zhi (Cronaca dei Wei) del 280 d.C. Queste cronache, con le loro datazioni e descrizioni precise, contribuiscono a gettare una luce importante sugli albori dello stato nipponico, facendoci conoscere come vivevano e quali erano gli usi degli abitanti dell’arcipelago dall’ultima parte del periodo Yayoi fino al periodo Kofun – ossia tra il I e il VII secolo –, inoltre testimoniando i vivaci contatti avvenuti con il continente. È nella Cronaca dei Wei che, infatti, troviamo il nome più antico di un sovrano giapponese: si tratta della regina Himiko. Importante è pure la stele funeraria del re coreano Kwanggaet’o del 414 d.C. che ci fornisce ulteriori dati sugli antichi abitanti del Giappone.
Anche i rinvenimenti archeologici e gli studi più recenti stanno, man mano, confermando che molto di quanto riportato nelle antiche cronache cinesi corrisponde al vero, permettendo così una lettura della storia più precisa e ampia, frutto di studi comparati. In questo incontro si andrà, dunque, a vedere quali siano i contenuti di queste cronache e che immagini ci restituiscano dell’antico Giappone, chiamato Wo dai cinesi e Wa dai giapponesi.
Massimo Soumaré: traduttore, scrittore, saggista e ricercatore indipendente. Ha collaborato con numerose riviste specializzate sulle culture orientali e con riviste di cultura letteraria italiane e giapponesi. Ha, inoltre, tradotto molte opere di scrittori giapponesi moderni e contemporanei. Tra i suoi saggi più recenti si segnalano Viaggio nel Giappone sconosciuto (Edizioni Lindau, 2021), La letteratura fantastica giapponese - Antica, moderna e contemporanea (Edizioni Lindau, 2023) e Wo, il paese di Yamatai e la regina Himiko - Cinque cronache cinesi antiche sul Giappone (Unicopli, 2024). Insegna lingua giapponese presso la Fondazione Università Popolare di Torino.
Sabato 3 maggio 2025, ore 16:00
Rossella Panarella
L’arrivo e lo sviluppo della metallurgia in Giappone spiegato attraverso gli oggetti arcaici in bronzo conservati presso il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone
L’analisi del nucleo di bronzi più antichi conservati presso il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, che comprende oggetti rituali e funerari, ha permesso di ricostruire alcuni periodi della storia giapponese ancora poco studiati, che in passato hanno fatto affidamento solo su studi di carattere stilistico, ma che nei recenti anni hanno subito un notevole avanzamento proprio grazie alla raccolta di dati provenienti da analisi di tipo scientifico. La metallurgia giapponese, infatti, ha un’origine molto più tarda rispetto alle altre culture cosiddette del Bronzo sia Occidentali che del continente asiatico, e si è sviluppata grazie agli influssi provenienti dalla penisola coreana che ha introdotto attraverso flussi migratori verso l’arcipelago nuove tecnologie durante tutto il I millennio a.C. In particolare, con l’introduzione della risicoltura e della metallurgia, in Giappone inizia un’era di importanti trasformazioni socio-culturali identificate come periodo Yayoi (ca. X/V a.C. - III d.C.). L’importanza del bronzo risiede proprio nell’iniziale importazione in Giappone di oggetti di culto la cui produzione era già radicata in Cina ed in Corea, per poi essere sostituiti, a partire dal I secolo a.C. dall’importazione di lingotti che venivano poi trasformati su suolo nipponico da artigiani specializzati. Questa produzione si andrà modificando nel successivo periodo Kofun (III - VII d.C.), caratterizzato dalle sepolture cosiddette “a buco di serratura” che vedranno la produzione di bronzi a scopo funerario che sottolineavano il ruolo del capo guerriero. Il bronzo prodotto utilizzando bacini minerari locali sarà disponibile solo a partire dal VI secolo, e verrà impiegato prevalentemente per la fusione di oggetti buddhisti, anche stavolta introdotti attraverso i contatti con la Corea. La collezione del Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone costituisce, quindi, un notevole punto di svolta per gli studi su territorio italiano grazie alla varietà ed alla ricchezza documentaria raccolta dal suo fondatore.
Rossella Panarella: archeologa specializzata nei contatti fra Cina, Corea e Giappone durante il periodo protostorico. Laureata in Scienze applicate al patrimonio culturale presso l’Università degli Studi di Padova con un progetto su bronzi e lacche conservati presso il Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone di Genova, si occupa di archeometallurgia asiatica e produzione di lacche cinesi, giapponesi e coreane applicando metodi d’analisi scientifica (invasivi e non invasivi) alla ricerca di tipo archeologico.