Antonio Canova "Maddalena penitente"

Antonio Canova, Maddalena penitente, ph. Sailko, CC 4.0

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Titolo dell'opera:

Maddalena penitente

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Autore/ Manifattura/ Epoca:

Antonio Canova (Possagno, Treviso, 1757 - Venezia, 1822)

Tecnica e misure:

Marmo e bronzo dorato, 95 x 70 x 77 cm

Inventario:

PB 209

Acquisizione:

Maria Brignole-Sale De Ferrari Duch. di Galliera 1889 Genova

Autore:

Canova, Antonio Possagno 1757 - Venezia 1822

Descrizione:

La Maddalena penitente, uno dei marmi più mirabili di Antonio Canova, costituisce l’esito di un lungo processo d’invenzione e di studio iniziato nei primi mesi del 1790 e durato, nella fase esecutiva, dal 1794 alla fine del 1796. Commissionata dall’amico ed amministratore bassanese Tiberio Roberti (1749-1817), la scultura fu preceduta da un disegno del taccuino bassanese Eb e due bozzetti, uno in terra cruda, ora nelle collezioni dei Musei civici veneziani ed uno in terracotta, ancora nella raccolta canoviana dei Musei di Bassano del Grappa e da un modello in gesso, identificato con una scultura nei Musei civici di Padova. Nell’aprile del 1794, la scultura era in lavorazione e fu terminata se non prima dell’Ascensione del 1796, immediatamente dopo. Posteriormente, sul drappo che cinge i fianchi della figura, si legge la data del 1796, che un precedente antico ricalco aveva erroneamente trasformato in 1790. La lunga esperienza di quegli anni nella pratica del bassorilievo, aveva portato Canova a raggiungere «traguardi inaspettati» (Mazzocca 2009) ne «l’espressione, i contorni, i panneggiamenti», cioè nell’esprimere le forme del corpo ed unirvi il sentimento. La naturalezza nella resa del marmo con effetti di forte sensualità nella figura e nel volto dal quale traspare la contrizione e il patimento del lungo digiuno penitenziale della giovane peccatrice, al limite dello sfinimento, sono rese con una tecnica raffinatissima, «Execution magique», che raggiunge il risultato di un «soufflé créateur» (Quatremére de Quincy 1834). Nel 1797 il Roberti rinunciava all’acquisto della scultura per difficoltà economiche legate alle battaglie napoleoniche nelle campagne venete. Francesco Milizia, il critico veneziano, procurava a Canova un nuovo acquirente in Giovanni Priuli (1763-1801), uditore nazionale veneziano presso il Tribunale della Sacra Rota, che ne divenne virtualmente proprietario prima del giugno 1797, senza tuttavia entrarne in possesso. Negli anni del Direttorio la scultura fu acquistata per 1000 zecchini (il doppio di quanto inizialmente preventivato!) da Jean-François Julliot, un marchand, uomo di grandi ricchezze ottenute dalle forniture para-militari durante le campagne napoleoniche d’Italia e d’Egitto. Il 28 marzo 1808 l'avvocato Giovanni Battista Sommariva (1757-1826), membro di spicco del triumvirato milanese che aveva retto fra 1800 e 1802 la seconda Repubblica Cisalpina, annunciava a Canova l’acquisto, probabilmente avvenuto a Milano alla fine del 1806, della Maddalena penitente insieme all’Apollino. Nel suo palazzo parigino, l’esaltazione degli «affetti» era ottenuta con un’illuminazione spettacolare, si direbbe oggi mirata, già pienamente romantica, se non addirittura simbolista, all’interno di un boudoir foderato di sete grigio topo con uno specchio che rifletteva al visitatore la schiena non visibile. Esposta nel Salon nell’ottobre di quell’anno, la scultura fu oggetto di universale ammirazione. Successivamente trasferita da Sommariva a Milano, fu venduta al marchese Aguado, finendo nel 1839 di nuovo a Parigi. Alla morte di quest’ultimo, di poco successiva, venne acquistata per 59.000 franchi da Raffaele de Ferrari, duca di Galliera, e collocata nella sua dimora parigina, l’Hôtel de Matignon. Passò quindi Genova nel 1889 per legato della vedova, Maria Brignole-Sale de Ferrari, duchessa di Galliera.

Epoca:

-

Inventario:

PB 209

Misure:

95 70 77 cm

Provenienza:

Collezioni Maria Brignole - Sale De Ferrari, duchessa di Galliera, legato, 1889

 

L’opera, considerata uno dei capolavori della prima maturità dell’artista, reca sul retro la scritta “Canova Roma 1796”. Commissionata dall’amico e amministratore bassanese Tiberio Roberti (1749-1817), la scultura fu preceduta da un disegno del taccuino bassanese Eb e due bozzetti, uno in terra cruda, ora nelle collezioni dei Musei civici veneziani, e uno in terracotta, ancora nella raccolta canoviana dei Musei di Bassano del Grappa, e da un modello in gesso, identificato con una scultura nei Musei civici di Padova. Nell’aprile del 1794 la scultura era in lavorazione e fu terminata se non prima dell’Ascensione del 1796, immediatamente dopo.

Nel 1797 il Roberti rinunciava all’acquisto della scultura per difficoltà economiche legate alle battaglie napoleoniche nelle campagne venete.  Francesco Milizia, il critico veneziano, procurava a Canova un nuovo acquirente in Giovanni Priuli (1763-1801), uditore nazionale veneziano presso il Tribunale della Sacra Rota, che ne divenne virtualmente proprietario prima del giugno 1797, senza tuttavia entrarne in possesso.

Negli anni del Direttorio la scultura fu acquistata per 1000 zecchini (il doppio di quanto inizialmente preventivato!) da Jean-François Julliot, un marchand, uomo di grandi ricchezze ottenute dalle forniture para-militari durante le campagne napoleoniche d’Italia e d’Egitto. Rappresentante a Roma della Repubblica Cisalpina, Juliot portò la Maddalena a Parigi, prima opera di Canova a raggiungere la capitale francese; fu poi ceduta a Giovanni Battista Sommariva - (1757-1826), membro di spicco del triumvirato milanese che aveva retto fra 1800 e 1802 la seconda Repubblica Cisalpina - che la espose al Salon parigino del 1808: la sua folgorante apparizione venne accolta con grande entusiasmo dal pubblico, mentre accese un dibattito della critica riguardo alle scelte dell’artista rispetto ai confini tra pittura e scultura e sulle possibili interferenze fra le due arti. Nella Maddalena penitente, infatti, Canova lavora il marmo plasmando la materia fino alle sue estreme possibilità, passando dall’estrema levigatezza del corpo patinato di Maddalena al trattamento appena sbozzato e grezzo del basamento su cui essa è posata; l’inserto di bronzo dorato della croce, inoltre, insieme al realismo delle lacrime e ai capelli fluenti che l’artista trattò con cera mista a zolfo, a restituirne il colore, appaiono una consapevole meditazione sulle possibilità di raggiungere in scultura gli stessi effetti della pittura. Questi caratteri sperimentali, uniti all’innegabile fascino sensuale dell’opera, ne determinarono la straordinaria fortuna in età romantica, grazie anche alla sua esaltazione da parte di Stendhal.

Sommariva trasportò l’opera a Milano dove venne venduta al marchese Aguado, nel 1839 finendo di nuovo a Parigi. Alla morte di quest’ultimo, di poco successiva, venne acquistata per 59.000 franchi da Raffaele De Ferrari, duca di Galliera, e collocata nella sua dimora parigina. Passò quindi alla città di Genova nel 1889 per legato della vedova, Maria Brignole - Sale de Ferrari.

 

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