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Virgilio Marchi (Livorno, 1895 - Roma, 1960)
Matita grassa su carta, 33 x 29 cm
Pittura
Nel 1921 Anton Giulio Bragaglia incarica Virgilio Marchi di realizzare la nuova sede della sua Casa d’Arte con annesso teatro recuperando le antiche terme attribuite a Settimio Severo in via degli Avignonesi a Roma. “…il giuoco delle volte, lanciate in bizzarri scontri sui pilastri e sugli archi di queste basiliche così diversi e stupefacenti, mi ha senza sforzo richiamato alla mente le fughe e i ghiribizzi dell’architettura futurista.” (A. G. Bragaglia). Nel bozzetto si vede quella che Bragaglia ha definito “una graziosa balconata di gusto settecentesco”. “Il palcoscenico venne costruito a sezioni apribili. Sopra il palco fu tenuto oltre l’ottavo metro di altezza il graticcio della soffitta praticabile, con i tiri a regola d’arte. Gli spezzati delle scene uscivano di lato e di sottopalco. I camerini erano ricavati in antichi cunicoli a sinistra. La sala, compresa la balconata circolare, aveva duecento posti a sedere e molti in piedi.” (A. G. Bragaglia). “Per essere nuovo il teatro di Bragaglia è nuovo; non c’è che dire. Basti notare che, se il teatro antico era all’aperto, questo sta sottoterra; e che, se quello di una volta si preoccupava di assicurare a tutti gli spettatori la visibilità del palcoscenico, questo è congegnato in modo che da quasi nessun punto della sala si possa veder bene il palcoscenico. Io ho assistito al primo numero del programma - Siepe a nord-ovest, commedia e musica di Massimo Bontempelli - dalla galleria, in un punto strategico che m’era stato raccomandato come quello da cui si poteva battere una vasta zona. Perchè la sala sotterranea è occupata, nel centro, da un enorme pilone, che vieta agli spettatori di destra di guardare a sinistra, a quelli di sinistra di guardare a destra. Quanto a quelli della galleria, dirò che combinando gli effetti delle sinuosità del balcone con la presenza dell’inesorabile pilone, essi possono contentarsi se riescono a vedere alcune zone di scena. Ma ciò non guasta; anzi accresce le sorprese, stimola le curiosità, dà un senso di impreveduto e di conquistato a quel che si riesce ad afferrare.” (Silvio d’Amico).