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Macchina inutile
Bruno Munari (Milano, 1907 - 1998)
Alluminio anodizzato, serigrafia, nylon, 140 x 45 cm
716
Maria Cernuschi Ghiringhelli 1990 Genova
Munari, Bruno Milano 1907 - Milano 1998
Bruno Munari è stato un grande sperimentatore, anche in direzione delle arti applicate. Incominciò a realizzare le prime “Macchine” dal 1933 e in quindici anni ne progettò 93, utilizzando tecniche derivate dalla produzione industriale di prodotti seriali. Le prime opere hanno titoli allusivi (“Macchine sensibili”, “Respiro di macchina”), che si trasformano poi ironicamente in “Macchine Inutili” a sottolineare la pura e unica funzione estetica slegata da qualsiasi funzionalità e efficienza.“Personalmente pensavo che sarebbe stato interessante liberare le forme astratte dalla staticità del dipinto e sospenderle in aria, collegate tra loro in modo che vivessero con noi nel nostro ambiente, sensibili alla atmosfera vera della realtà”. La scultura è composta da forme geometriche elementari di materiali leggeri, nello specifico lastre di alluminio anodizzato, dipinte su entrambe le facce con colori diversi in modo da sottolineare l’instabilità percettiva della stessa. I diversi elementi si agitano nello spazio con movimenti autonomi, sensibili a qualsiasi più piccolo cambiamento dell’ambiente dove sono ospitate.
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716
140 45 cm
Italia
alluminio anodizzato bianco e nero
Italia
Bruno Munari (Milano, 1907 – 1998) partecipa giovanissimo al Movimento Futurista per poi avvicinarsi all’ambiente della galleria milanese Il Milione, dove a metà degli anni ‘30 stava nascendo l’Arte Astratta Italiana e successivamente nel 1948 al MAC- Movimento Arte Concreta che dell’astrattismo riprendeva alcuni orientamenti ripensandoli alla luce del nuovo contesto storico.
Grande sperimentatore, anche in direzione delle arti applicate, Munari incomincia a realizzare le prime Macchine dal 1933 e in 15 anni ne progetta 93 utilizzando tecniche derivate dalla produzione industriale di prodotti seriali. Le prime opere hanno titoli allusivi (Macchine sensibili, Respiro di macchina) che si trasformano poi ironicamente in Macchine Inutili a sottolineare la pura e unica funzione estetica slegata da qualsiasi funzionalità e efficienza.
Le sculture sono composte da forme geometriche elementari di materiali leggeri (nelle opere in collezione sono stati utilizzati bastoncini in legno di balsa e lastre di alluminio anodizzato) dipinte su entrambe le facce con colori diversi in modo da sottolineare l’instabilità anche percettiva delle opere che si agitano nello spazio con movimenti autonomi, sensibili a qualsiasi più piccolo cambiamento dell’ambiente dove sono ospitate.
«Personalmente pensavo che sarebbe stato interessante liberare le forme astratte dalla staticità del dipinto e sospenderle in aria, collegate tra loro in modo che vivessero con noi nel nostro ambiente, sensibili alla atmosfera vera della realtà».