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Cleopatra morente
Brignole-Sale De Ferrari Maria 1874 Genova - donazione
ambito emiliano
Barbieri, Giovanni Francesco detto il Guercino
dipinto
1648 - 1648 - sec. XVII
PR 16
Unità di misura: cm; Altezza: 173; Larghezza: 237
olio su tela
Il Guercino (Giovanni Francesco Barbieri, 1591-1666) - Bologna - 1968
Genova e Guercino. Dipinti e disegni delle civiche collezioni - Genova - 1992
El siglo de los genoveses e una lunga storia di arte e splendore nel palazzo dei dogi - Genova - 1999/2000
Guercino tra Sacro e Profano - Piacenza - 2017
Questo dipinto, in cui Cleopatra è colta nell’attimo estremo di farsi mordere da un’aspide, pur di non subire l’onta della sconfitta e della prigionia, fu eseguito dal maestro nell’ultima fase della sua attività, quando, trasferitosi a Bologna dopo la morte di Guido Reni (1642), ne ereditò il ruolo di caposcuola e ne subì l’influsso, orientandosi verso una pittura di stampo classicista, volta a una maggiore idealizzazione delle figure cui si accompagna una progressiva riduzione della gamma cromatica e il frequente ricorso a colori pastello. La tela ben si accorda con questo rinnovato indirizzo stilistico, giocando abilmente sui toni di solo due tinte: il bianco per le lenzuola e per l’incarnato di Cleopatra e il viola per i cuscini, le cortine dell’alcova, disposte a sipario, come in una rappresentazione teatrale, e le gocce di sangue color di rubino che sgorgano dal petto della regina, che, ormai esangue è languidamente adagiata sulle coltri. Il dipinto è identificabile con quello citato nel libro dei conti del Guercino come “quadro di Cleopatra” pagato 125 ducati “il 24 marzo 1648 dall’ill.mo mons. Carlo Emanuele Durazzi”, cugino di uno Stefano Durazzo. Egli, come era tradizione per tanti porporati genovesi, ricoprì la carica di cardinale legato nei territori emiliani, soggetti allo stato pontificio. Tale continuità istituzionale - se non era genovese il legato, lo era probabilmente il vice legato - spiega la gran fortuna della pittura emiliana del seicento nelle collezioni della città ligure. Alla metà del settecento dai Durazzo, attraverso vari passaggi ereditari, il quadro passò infine nella collezione di Gio. Francesco II Brignole–Sale, che la collocò nella quadreria del secondo piano nobile di Palazzo Rosso. Non sono ancora state chiarite le modalità del passaggio di proprietà dagli eredi di Carlo Emanuele II Durazzo, per il quale l'opera venne eseguita, alla quadreria di Gio. Francesco II Brignole-Sale a Palazzo Rosso, dove comparve già nel catalogo del 1756. L'accurato restauro del 1991 ha riportato l'opera alla sua raffinatissima e pur limitata gamma cromatica. Sono da segnalare i disegni in relazione a questo dipinto: quello interrogativamente attribuito a Guercino conservato a Besancon (inv. N. D. 2266), a penna e inchiostro, mostra la regina sdraiata su un fianco, la testa appoggiata a sinistra e nella destra - con maggior rispetto della fonte letteraria- l'aspide: se va riferito all'opera di Palazzo Rosso, si tratta di uno studio iniziale. Più interessanti gli altri due fogli, quello della collezione P. E n de Boer di Amsterdam, a penna e inchiostro, e quello di collezione privata statunitense. Nel disegno olandese risulta definito soprattutto il busto di Cleopatra, mentre non sembra che l'artista intendesse rappresentarla completamente sdraiata. Questo particolare è, invece, evidente nel disegno americano, dove compaiono anche il cuscino con le nappe e le cortine. Dipinto
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