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Titolo dell'opera:

Implosion

Acquisizione:

Giovanni, Rizzoli 2005

Autore:

Rizzoli, Giovanni

Tipologia:

scultura

Epoca:

2004 - 2004 - XX

Inventario:

3194

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 49; Larghezza: 29; Profondità: 16

Tecnica:

fusione a cera persa in acciaio

Descrizione:

Nel 1977 l'artista si trasferisce in Canada. Nel 1980 è presso l’École Nouvelle de Chailly a Losanna in Svizzera e in seguito alla Saint Stephen’s School di Roma dove consegue l’International Baccalaureate. Nel 1988 ha seguito un corso di pittura giapponese tradizionale a New York. Negli stessi anni si contano molte partecipazioni a mostra collettive e personali. Implosion è una scultura in acciaio fuso realizzata con la tecnica della cera persa e allude nella sua quasi irriconoscibilità del volto rappresentato la possibile implosione delle forme. Il risultato estetico e tattile della scultura riflette una ricerca dell’artista che procede per contaminazioni di tecniche e materiali proponendo una riflessione sulla storia dell’arte intesa come processo di raggiungimento di un risultato estetico ed emotivo. Dice Rizzoli –il mio procedere avviene più per stupore che per progettazione ma è anche una necessità di un dialogo con la storia, lo spirito del tempo e i modi possibili dell’arte-.

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Titolo dell'opera:

Spoleto

Acquisizione:

Ilva 2000

Autore:

Lorenzetti, Carlo

Tipologia:

scultura

Epoca:

1962 - 1962 - XX

Inventario:

2437

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 112; Larghezza: 75; Profondità: 43

Tecnica:

ferro saldato

Descrizione:

Carlo Lorenzetti, Scultore e artista internazionale Docente presso l'Accademia francese di Roma, è noto per le sue sculture metalliche, di ferro e ottone sbalzati. Nel 1962 lo storico e critico Giovanni Carandente lo invita alla mostra a cielo aperto Sculture nella città a Spoleto. Lorenzetti predilige l’utilizzo di lastre metalliche sulle quali sperimenta pesi ed equilibri: la sua poetica rimanda alle sculture mobili del notissimo artista americano Alexander Calder. L’opera “Spoleto” segue questa modalità espressiva proponendo una contrapposizione tra lo spessore delle lastre di ferro che compongono la parte verticale della scultura e la loro capacità di generare un equilibrio stabile su una base in legno relativamente piccola. Anche la piegatura del metallo sembra seguire regole riferite a materiali più morbidi e flessibili in una ricerca di dinamicità senza la componente del movimento.

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Titolo dell'opera:

Sipario tagliafuoco

Autore:

Ceccarelli, Giovanni

Tipologia:

scultura

Epoca:

1988 - 1990 - XX

Inventario:

2421

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 57; Larghezza: 91

Tecnica:

colore e lamine metalliche su compensato

Descrizione:

Nerone Ceccarelli, nome d'arte di Giovanni Ceccarelli, è stato uno scultore italiano. Ha lavorato all'insegna di una ricerca caratterizzata dall'integrazione tra arte e architettura, mentre ha elaborato sculture legate a un rigoroso astrattismo geometrico. Nerone partecipa, tra il 1989 e il 1990, al concorso per il sipario tagliafuoco del Teatro Carlo Felice di Genova. Presenterà “Solo con un disco...”, “Bravo Nicolò!” e “Trillo di Dio”. Ceccarelli non sarà il vincitore del bando ma, nel 1990, vincerà un nuovo concorso con l’opera ”Viva Schöenberg”. Si tratta di una superficie scultorea di dimensioni monumentali, composta da 125 pannelli per un totale di 200 m², di rigoroso astrattismo geometrico a cui Ceccarelli lavora per mesi. Uno dei bozzetti preparatori è ora esposto nella collezione di Villa Croce, con titolo “Sipario Tagliafuoco”. Gli elementi geometrici, realizzati con metalli diversi, si assemblano tra loro in una commistione tra scultura e pittura.

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Titolo dell'opera:

Eros

Acquisizione:

Sandro Cherchi 1992

Autore:

Cherchi, Sandro

Tipologia:

scultura

Epoca:

1965 - 1965 - XX

Inventario:

939

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 70; Larghezza: 10; Profondità: 20

Tecnica:

bronzo

Descrizione:

L'artista dopo gli studi a Genova si trasferisce prima a Milano e poi a Torino dove nel 1948 acquisisce la cattedra di scultura all'Accademia Albertina di Torino e, per la prima volta, partecipa alla Biennale di Venezia. L’opera (una fusione in bronzo) propone una tecnica che caratterizzerà il lavoro e la ricerca di Cherchi a partire dagli anni ’40. La gestualità e la traccia lasciata sul bronzo che apparentemente appaiono incontrollate, rivelano ad una osservazione più attenta elementi riconoscibili e un richiamo oltreché un allusione alla condizione umana così precisa e mutabile allo stesso tempo. Il bronzo viene modellato come materia molle per riproporre nella sua solidità, al termine del processo di fusione, un risultato di massima espressività e di efficacia evocativa. Da osservare come in relazione all’altra opera esposta (Testa del 1946) si percepisca una evoluzione stilistica in direzione di una scultura molto più astratta.

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Titolo dell'opera:

Testa

Acquisizione:

Sandro Cherchi 1992

Autore:

Cherchi, Sandro

Tipologia:

scultura

Epoca:

1946 - 1946 - XX

Inventario:

909

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 25; Larghezza: 25; Profondità: 20

Tecnica:

bronzo

Descrizione:

L'artista dopo gli studi a Genova si trasferisce prima a Milano e poi a Torino dove nel 1948 acquisisce la cattedra di scultura all'Accademia Albertina di Torino e, per la prima volta, partecipa alla Biennale di Venezia. L’opera “Testa” del 1946 propone nelle fattezze del viso una volontà di rappresentazione non grottesca o gratuitamente caricaturale. Al contrario, la deformità della figura corrisponde nella finitura della superficie a quello che lo scultore classico tende a corregge, mentre nella scelta di Cherchi viene lasciato inalterato in una ricerca di elementi gestuali, all’apparenza casuali, che alludono al rapporto insieme aggressivo e liberatorio della manipolazione dell’artista sulla materia.

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Titolo dell'opera:

Armadiolo votivo con all’interno le divinità Daikokuten, Bishamonten e Kisshōten - Benzaiten

Ambito culturale:

ambito giapponese

Tipologia:

armadietto

Epoca:

1601 - 1801 - XVII-XIX

Inventario:

L-41/4

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 3.3; Larghezza: 7.4

Tecnica:

legno- laccatura

Descrizione:

I servizi portatili delle immagini sacre erano piuttosto comuni; durante viaggi e spostamenti permettevano di allestire altarini e di compiere offerte e preghiere per le divinità. Le immagini sacre comprendevano soprattutto divinità del Buddhismo esoterico (mikkyō). Anche le forme ad armadiolo bivalve erano piuttosto comuni; il rivestimento esterno in lacca garantiva inoltre un’ottima qualità isolante. L’immagine interna dell’armadiolo comprende una triade di divinità su uno sperone roccioso; al centro si trova Daikokuten, dio della ricchezza, in piedi su balle di riso, accompagnato da un sacco e dal suo mazzuolo magico. A sinistra si trova Bishamonten, dio guerriero protettore della fede, con un'aureola a forma di rimbō (Ruota della Legge). A destra la divinità femminile Kisshōten – Benzaiten, protettrice di felicità e fertilità, con sulla testa il torii, la chiave sacra e una gemma in mano, raffigurata in un’ipostasi definita Dai Benzaiten. Le tre divinità appartengono al gruppo delle Sette Divinità della Fortuna, in giapponese Shichifukujin, e quando sono rappresentati insieme formano una triade propiziatoria.

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Titolo dell'opera:

Kangiten

Ambito culturale:

ambito giapponese

Tipologia:

statua

Epoca:

1601 - 1800 - XVII-XVIII

Inventario:

B-1147

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 10.3; Diametro: 4.2

Tecnica:

Bronzo a fusione piena, con patinatura scura

Descrizione:

Kangiten, la forma buddista di Ganesha, il dio indù della fortuna che ha il potere di rimuovere gli ostacoli, è riconoscibile dalla sua testa di elefante.
Il culto di Kangiten giunse in Giappone tra l'VIII e il IX secolo dalla Cina assieme al buddhismo esoterico, che comprende molte divinità di origine indiana. In questa fase Kangiten era rappresentato come un'unica divinità con diverse paia di braccia, simile per l'appunto a Ganesha.
Durante il tardo periodo Heian (794-1185) comparvero però immagini di coppie di Kangiten (Sōshin Kangiten) in cui due figure antropomorfe dalla testa di elefante, un maschio e una femmina, si abbracciano; un'iconografia totalmente assente nella tradizione indiana. I Kangiten abbracciati rappresenterebbero una storia raccontata in vari testi buddhisti, dove la divinità malvagia Vinayaka, altro nome di Ganesha, viene pacificata da Kannon dagli undici volti, che trasformatasi in una bella donna, si unisce a lui, con lo scopo di metterlo sulla giusta via che porta alla comprensione delle verità buddiste. Kangiten, come l'indiano Ganesha, era quindi inizialmente visto come un dio malevolo, creatore di ostacoli. Una volta placato da Kannon diventa, al contrario, una divinità benevola. La piccola scultura raffigura due figure antropomorfe dalla testa elefantina. La femmina ha le punte dei piedi sopra quelle del maschio, simbolo della sottomissione della natura malevola di Vinayaka a opera di Kannon. Le rappresentazioni di Kangiten più comuni sono piccole statuette in metallo che venivano impiegate in rituali in cui veniva versato dell'olio sulle immagini; questa statuetta serviva probabilmente proprio per questo genere di rito. Le statuette venivano poi conservate all'interno di una custodia cilindrica e celate alla vista dei fedeli. Quelle di Kangiten sono infatti immagini segrete, non mostrate al pubblico per via del loro forte significato erotico e sono quindi spesso conservate dai templi giapponesi come "Buddha nascosti" (hibutsu).

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Titolo dell'opera:

Tanjō no Shaka Butsu, il Buddha storico Śākyamuni neonato

Ambito culturale:

ambito giapponese

Tipologia:

scultura buddhista

Epoca:

1601 - 1800 - XVII-XVIII

Inventario:

B-0333

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 18.7

Tecnica:

Bronzo colato su modello in cera, patinato bruno cupo

Descrizione:

L’ 8 aprile in Giappone si festeggia l’”Hana matsuri”, la festa dei fiori”, una cerimonia rituale durante la quale si commemora la nascita del Buddha storico (Śākyamuni), cerimonia nota anche come “Kanbutsu-e” (潅仏会).
Nei templi buddhisti viene allestito un piccolo altare decorato con fiori all’interno del quale viene collocata una piccola statuetta chiamata “tanjōbutsu” (誕生仏) o “tanjō Shaka” (誕生釈迦), che raffigura il Buddha neonato. Durante la celebrazione i fedeli adornano l’altare con fiori e bagnano, a turno, la piccola statua con “amacha” (甘茶), un tè dolce di ortensia; un chiaro rimando al leggendario nettare profumato con cui i due re lavarono il piccolo Śākyamuni dopo la sua nascita.
Questa statuetta proviene sicuramente da un contesto templare, dove veniva comunemente usata per il rito di Kanbutsu-e; osservandola attentamente infatti è visibile sulla superficie un sottile strato di patina, risultato delle continue irrogazioni di tè di ortensia con cui viene effettuato il rito; è provvista del piedistallo con cui veniva posizionata all'interno della ciotola da irrigazione, la kanbutsu-ban, e non è un caso che il piedistallo sia decorato a forma di fiore di loto, simbolo floreale per eccellenza del buddhismo. La figura non è resa con le fattezze di un bambino ma ritrae già un individuo dal fisico adulto caratterizzato da “elementi buddhisti” come le orecchie con lungo lobo. Le statue raffigurano Śākyamuni appena dopo la nascita che, stante, indica con la mano destra il cielo e con la sinistra la terra definendo così il suo dominio sui due piani del Cosmo.

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Titolo dell'opera:

Jūichimen Kannon, "Kannon dagli Undici Volti"

Ambito culturale:

ambito giapponese

Tipologia:

scultura buddhista

Epoca:

1601 - 1750 - XVII

Inventario:

B-1575

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 125.2

Tecnica:

Bronzo fuso

Descrizione:

Kannon è l'emanazione di Amida, il Buddha dell'Ovest, nonché il bodhisattva della compassione.
Dalle scritte incise sulle gambe apprendiamo che questa statua fu commissionata e offerta "dall’Abate Junrensha Hanyo e dal Prete Capo Nen’a Ryūen, per la beatitudine dei genitori in questo mondo e nella Terra Pura”. Questa statua rappresenta "Kannon dagli Undici Volti": secondo un'antica leggenda buddhista, il Bodhisattva Kannon tentò di percepire in un'unica volta la somma totale delle sofferenze di tutti gli esseri viventi e fu talmente sopraffatto dal dolore e dallo spavento che la sua testa esplose in undici frammenti. Allora il Buddha Amida raccolse i pezzi e li trasformò in undici teste, le dispose a corona sul capo di Kannon e a quella più in alto diede il proprio aspetto. In questo modo avrebbe avuto ben undici teste per riflettere su tutti modi di aiutare gli esseri sofferenti.
Le teste sono disposte a corona su tre livelli, Kannon inoltre indossa un diadema con un'immagine del Buddha Amida in piedi. Le nove teste inferiori indicano gli stadi del sentiero verso l'Illuminazione, mentre quella più in alto ha le sembianze di un Buddha e rappresenta il pieno compimento del cammino.
La testa principale del nostro Kannon ha un’espressione pacata: i suoi occhi sono socchiusi e la sua espressione infonde calma e serenità. Lo sguardo è rivolto in basso, verso la mano destra, che compie il gesto del dono. Le piccole teste sono uguali a tre a tre e hanno espressioni rispettivamente serene, accigliate e furenti che rappresentano i “Tre Tesori Nascosti”, i “Tre Guardiani” e i “Tre Difensori”.

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Titolo dell'opera:

Statuetta di Miroku Bosatsu

Ambito culturale:

ambito giapponese

Tipologia:

statua

Epoca:

601 - 800 - VII-VIII

Inventario:

B-1410

Misure:

Unità di misura: cm; Altezza: 35.8; Larghezza: 14.3; Profondità: 18.5

Provenienza (nazione):

Giappone

Tecnica:

bronzo- fusione

Descrizione:

Miroku è presente in Giappone dal VII secolo d.C. SI tratta di una delle divinità più importanti del primo buddismo giapponese. Miroku Bodhisattva è colui che diventa un Buddha e appare sulla terra per salvare coloro che non sono in grado di raggiungere l'illuminazione, portando così la salvezza universale a tutti gli esseri senzienti. Miroku Bosatsu (sanscrito: Maitreya Bodhisattva), il futuro Buddha, risiede nel paradiso di Tushita, in attesa di rinascere sulla terra. Di solito ha un aspetto principesco e regge uno stupa. Le leggende narrano che Vasubandhu e Asanga, i grandi filosofi indiani della setta Hossō, ricevettero gli insegnamenti direttamente da Miroku Bosatsu. Statua che raffigura Miroku Bosatsu. La figura è seduta su un alto seggio cilindrico rivestito di un drappo panneggiato. Da questo sedile sporge un fiore aperto, circondato da tre foglie accartocciate, che sorregge il piede sinistro. La postura è disposta in modo da sottolineare l'atteggiamento pensoso: la gamba destra è piegata e appoggiata sul ginocchio sinistro, la mano sinistra è posata sulla caviglia del piede alzato mentre il gomito destro si impunta sul ginocchio sinistro. La mano destra sfiora la guancia. Un drappo fascia la parte inferiore del corpo. L'orlo della veste è sottolineato da una spessa bordura decorata con motivi a onda.

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